20 Settembre 2022 Memoria dei Santi Martiri Coreani (Andrea Kim Taegon, Paolo Chong Hasang e 101 compagni)

L’azione dello Spirito, che soffia dove vuole, con l’apostolato di un generoso manipolo di laici è alla radice della santa Chiesa di Dio in terra coreana. Il primo germe della fede cattolica, portato da un laico coreano nel 1784 al suo ritorno in Patria da Pechino, fu fecondato sulla metà del secolo XIX dal martirio che vide associati 103 membri della giovane comunità. Fra essi si segnalano Andrea Kim Taegon, il primo presbitero coreano e l’apostolo laico Paolo Chong Hasang.

Le persecuzioni che infuriarono in ondate successive dal 1839 al 1867, anziché soffocare la fede dei neofiti, suscitarono una primavera dello Spirito a immagine della Chiesa nascente. L’impronta apostolica di questa comunità dell’Estremo Oriente fu resa, con linguaggio semplice ed efficace, ispirato alla parabola del buon seminatore, dal presbitero Andrea alla vigilia del martirio. Nel suo viaggio pastorale in quella terra lontana il Papa Giovanni Paolo II, il 6 maggio 1984, iscrisse i martiri coreani nel calendario dei santi. La loro memoria si celebra nella data odierna, perché un gruppo di essi subì il martirio in questo mese, alcuni il 20 e il 21 settembre. (Mess. Rom.)

Etimologia: Andrea = virile, gagliardo, dal greco

Emblema: Palma

Martirologio Romano: Memoria dei santi Andrea Kim Tae-gon, sacerdote, Paolo Chong Ha-sang e compagni, martiri in Corea. In questo giorno in un’unica celebrazione si venerano anche tutti i centotrè martiri, che testimoniarono coraggiosamente la fede cristiana, introdotta la prima volta con fervore in questo regno da alcuni laici e poi alimentata e consolidata dalla predicazione dei missionari e dalla celebrazione dei sacramenti. Tutti questi atleti di Cristo, di cui tre vescovi, otto sacerdoti e tutti gli altri laici, tra i quali alcuni coniugati altri no, vecchi, giovani e fanciulli, sottoposti al supplizio, consacrarono con il loro prezioso sangue gli inizi della Chiesa in Corea.

APPROFONDIMENTO

La Chiesa coreana ha la caratteristica forse unica, di essere stata fondata e sostenuta da laici; infatti agli inizi del 1600 la fede cristiana comparve in Corea tramite le delegazioni che ogni anno visitavano Pechino in Cina, per uno scambio culturale con questa Nazione, molto stimata in tutto l’Estremo Oriente.
E in Cina i coreani vennero in contatto con la fede cristiana, portando in patria il libro del grande padre Matteo Ricci “La vera dottrina di Dio”; e un laico, Lee Byeok grande pensatore, ispirandosi al libro del famoso missionario gesuita, fondò una prima comunità cristiana molto attiva.
Intorno al 1780, Lee Byeok pregò un suo amico Lee-sunghoon, che faceva parte della solita delegazione culturale in partenza per la Cina, di farsi battezzare e al ritorno portare con sé libri e scritti religiosi adatti ad approfondire la nuova fede.
Nella primavera del 1784 l’amico ritornò con il nome di Pietro, dando alla comunità un forte impulso; non conoscendo bene la natura della Chiesa, il gruppo si organizzò con una gerarchia propria celebrando il battesimo e non solo, ma anche la cresima e l’eucaristia.
Informati dal vescovo di Pechino che per avere una gerarchia occorreva una successione apostolica, lo pregarono di inviare al più presto dei sacerdoti; furono accontentati con l’invio di un prete Chu-mun-mo, così la comunità coreana crebbe in poco tempo a varie migliaia di fedeli.
Purtroppo anche in Corea si scatenò ben presto una persecuzione fin dal 1785, che si incrudeliva sempre più, finché nel 1801 anche l’unico prete venne ucciso, ma questo non bloccò affatto la crescita della comunità cristiana.
Il re nel 1802 emanò un editto di stato, in cui si ordinava addirittura lo sterminio dei cristiani, come unica soluzione per soffocare il germe di quella “follia”, ritenuta tale dal suo governo. Rimasti soli e senza guida spirituale, i cristiani coreani chiedevano continuamente al vescovo di Pechino e anche al papa di avere dei sacerdoti; ma le condizioni locali lo permisero solo nel 1837, quando furono inviati un vescovo e due sacerdoti delle Missioni Estere di Parigi; i quali penetrati clandestinamente in Corea furono martirizzati due anni dopo.
Un secondo tentativo operato da Andrea Kim Taegon, riuscì a fare entrare un vescovo e un sacerdote, da quel momento la presenza di una gerarchia cattolica in Corea non mancherà più, nonostante che nel 1866 si ebbe la persecuzione più accanita; nel 1882 il governo decretò la libertà religiosa.
Nelle persecuzioni coreane perirono, secondo fonti locali, più di 10.000 martiri, di questi 103 furono beatificati in due gruppi distinti nel 1925 e nel 1968 e poi canonizzati tutti insieme il 6 maggio 1984 a Seul in Corea da papa Giovanni Paolo II; di questi solo 10 sono stranieri, 3 vescovi e 7 sacerdoti, gli altri tutti coreani, catechisti e fedeli.
Di seguito diamo un breve tratto biografico dei due capoelenco liturgico del gruppo dei 103 santi martiri: Andrea Kim Taegon e Paolo Chong Hasang.
Andrea nato nel 1821 da una nobile famiglia cristiana, crebbe in un ambiente decisamente ispirato ai principi cristiani, il padre in particolare aveva trasformato la sua casa in una ‘chiesa domestica’, ove affluivano i cristiani ed i neofiti della nuova fede, per ricevere il battesimo, scoperto tenne con forza la sua fede, morendo a 44 anni martire.
Aveva 15 anni quando uno dei primi missionari francesi arrivati in Corea nel 1836, lo inviò a Macao per prepararlo al sacerdozio. Ritornò come diacono nel 1844 per preparare l’entrata del vescovo mons. Ferréol, organizzando una imbarcazione con marinai tutti cristiani, andando a prenderlo a Shanghai, qui fu ordinato sacerdote e insieme, di nascosto con un viaggio avventuroso, penetrarono in Corea, dove lavorarono insieme sempre in un clima di persecuzione.
Con la nobiltà del suo atteggiamento, con la capacità di comprendere la mentalità locale, riuscì ad ottenere ottimi risultati d’apostolato. Nel 1846 il vescovo Ferréol lo incaricò di far pervenire delle lettere in Europa, tramite il vescovo di Pechino, ma durante il suo incontro con le barche cinesi, fu casualmente scoperto ed arrestato.
Subì gli interrogatori e gli spostamenti di carcere prima con il mandarino, poi con il governatore e giacché era un nobile, alla fine con il re e a tutti manifestò la fedeltà al suo Dio, rifiutando i tentativi di farlo apostatare, nonostante le atroci torture; alla fine venne decapitato il 16 settembre del 1846 a Seul; primo sacerdote martire della nascente Chiesa coreana.
Paolo Chong Hasang. Eroico laico coreano, era nato nel 1795 a Mahyan, il padre Agostino e il fratello Carlo vennero martirizzati nel 1801, la sua famiglia composta da lui, la madre Cecilia e la sorella Elisabetta, venne imprigionata e privata di ogni bene, furono costretti ad andare ospiti di un parente, ma appena gli fu possibile si trasferì a Seul aggregandosi alla comunità cristiana; perlomeno quindici volte andò in Cina a Pechino in viaggi difficilissimi fatti a piedi, spinto dall’eroismo di una fede genuina, professata nonostante i gravi pericoli.
Collaborò alacremente affinché il primo sacerdote Yan arrivasse in Corea e poi dopo di lui i missionari francesi: il vescovo Imbert ed i sacerdoti Maubant e Chastan.
Fu accolto con la madre e la sorella dal vescovo Imbert, il quale desiderava farlo diventare sacerdote, ma la persecuzione infuriava e un apostata li tradì, facendoli imprigionare.
Paolo Chong Hasang venne interrogato e torturato per fargli abbandonare la religione straniera a cui si era associato, ma visto la sua grande fermezza, venne condannato e decapitato il 22 settembre 1839, insieme al suo caro amico Agostino Nyon, anche lui firmatario di una petizione al papa per l’invio di un vescovo in Corea. Anche la madre e la sorella vennero uccise dopo alcuni mesi.
Il vescovo e i due sacerdoti delle Missioni Estere di Parigi, vennero decapitati anche loro nel 1839.

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