Tre corner un rigore

di Paolo Pugni

Tre corner un rigore. Questa era la regola quando giocavi a palla nei vicoli stretti di un borgo di lago. Tre indicazioni una predica. Di Papa Francesco che così si fa ricordare e ti aiuta a crescere.  Tre indizi fanno una prova: non è probabilmente una tesi accettabile in un tribunale, ma nei romanzi gialli sì.

Dunque quando tre Dioncidenze ti attraversano la strada in breve tempo, beh saresti proprio sciocco e tardo di cuore a capire se non iniziassi a farti domande sul senso e soprattutto sulle tue azione che ne devono conseguire.

Definire una strategia, un piano, una modalità.

Se poi le provocazioni si moltiplicano allora è proprio una tirata d’orecchi del Signore.

Succede questo: in un breve spazio leggo il libro di un amico sacerdote, che firma qui e di nome fa Fabio. Ti ricorda con spietata dolcezza che insomma alla fine saremo giudicati sull’amore e che il resto ha poco senso se non ami così.

Poi, posato quel libro, te ne capita tra le mani un altro che sa d’amore e ribadisce il concetto, anzi lo squaderna con tale veemenza da scombussolarti la vita, perché ti sembra di non aver mai amato allora.

Sei ancora lì che barcolli e il colpo finale te lo assesta il Papa in persona, con le sue periferie, le sue 99 pecore da andare a cercare, la misericordia che viene prima. E ti ricordi che il tuo santo va anche oltre affermando categorico che “di 100 anime ce ne importano 100!”.

Poi prendo in mano quella famosa intervista di Papa Francesco, quella di 29 pagine fitte fitte di colpi al cuore, e scopri che insiste e mette l’amore al centro di tutto. Sarà mica vera allora quella storia che dice che saremo giudicati sull’amore? E ci avrà mica ragione sant’Agostino quando dice ama e fai ciò che vuoi?

Vaghi lo sguardo per questo orizzonte e poi ti trovi con le mani sporche, perché tu -ed è un tu che puzza di me, di io: di ego- ti trovi a litigare con i commentatori del blog fino a decidere che l’insulto peggiore è il silenzio: ignorare per ferire ancora di più. Guerra chimica, non ti sporchi neanche le mani. Anzi ti senti fin nobile. Che sei chiuso e non incidentato.

E allora?

Allora sono confuso. E un pochino spaventato. Perché io di accompagnare questi qua mica ce la faccio. Non c’ho voglia. C’ho già litigato, quando è stato il momento di metterci la faccia a muso duro, a cuore acceso. Io gli ho urlato in faccia, qualcuno l’ho bannato. A molti avrei fatto male fisico. Confesso e ne sono atterrito. E  me ne vergogno, ma certe volte ti sale su la rabbia dalla pancia e ti urla per le dita che è un fragore!

Come fai a stare calmo, a sorridere, a metterti nei loro panni non per finta ma per amore? Perché li vuoi santi e in paradiso? Quando li vedresti con gusto urlare per la loro stupidità tra le fiamme inestinguibili, dove è grido e stridore di denti!

A prendere le loro difese! Perché è questo che ti chiede il Signore e ti ripetono i santi. Che ti dicono di non erigere una croce contro qualcuno. Se lo fai manipoli nostro Signore. Lo trasformi in un boia.

E questi altri, che ti deridono, si insultano, manipolano la ragione con sottile malizia, ti fanno passare per scemo, fascista, represso, assassino quando lo sono loro. Ti scatenano addosso i roll della carta stampata e della rete, ti appendono per le budella, ti scavano la fossa. Perché la menzogna ha bisogno di molte meno parole per ammaliare, è la verità che non si afferma in 140 caratteri specie se dietro le hanno fatto il vuoto corrompendo il senso delle parole.

Questi altri io li farei a pezzi.

Per fortuna che c’è Umberto Tozzi a ricordarmi che gli altri siamo noi. E che anche le canzonette, che non sono solo canzonette, posso servire a Dio per ridarti la luce.

E allora, forse è davvero l’epoca in cui bisogna sguainare le spade per testimoniare l’amore, ogni forma d’amore vero, che ce n’è infinite e sempre varie e profonde.

Ma come si fa a trovare l’equilibrio per fare la verità nella carità e la carità nella verità? Non lo so, se avessi la quadratura del cerchio non starei qui.

Mi potete aiutare?

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