22 Giugno 2025 Solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo

La fede in Dio, Padre e Figlio e Spirito Santo (Trinità), non è un’esperienza lontana e irraggiungibile, anzi, è vicina in un perenne “spezzarsi” per noi: “Questo è il mio Corpo”, “Questo è il mio sangue”. Nel 1207 una monaca agostiniana appena quindicenne, Giuliana di Cornillon, di origini belghe, ha la visione di una luna piena con una macchia opaca che la sporca.

Gli esperti suoi contemporanei la interpretano così: la luna piena simboleggia la Chiesa; la macchia opaca è l’assenza di una festa che celebri specificamente il Corpo di Gesù Eucaristia. L’anno successivo la stessa religiosa ha una visione più chiara, ma deve lottare molto per far istituire la festa: ci riuscirà solo a livello diocesano nel 1247 quando diventa vescovo di Liegi Roberto de Thourotte. Nel 1261 l’ex arcidiacono di Liegi diventa Papa Urbano IV. Nel 1264, impressionato da un miracolo eucaristico avvenuto a Bolsena, vicino Orvieto, dove risiedeva, promulgò la bolla Transiturus con la quale istituiva la nuova solennità, da celebrarsi in onore del Santissimo Sacramento il giovedì dopo l’ottava di Pentecoste. Tommaso d’Aquino viene incaricato di comporne l’ufficio liturgico: il più famoso inno è Sacris solemniis, la cui penultima strofa che comincia con le parole Panis angelicus (Pane degli angeli) è stata spesso musicata separatamente dal resto dell’inno. Essendo poi Papa Urbano IV morto due mesi dopo aver istituito la festa, la bolla non fu attuata; ma fu confermata più tardi da Clemente V, primo Papa avignonese (1312). La ormai tradizionale processione del Corpus fu introdotta dal Papa Giovanni XXII nel 1316. Durante la visita pastorale ad Orvieto, san Giovanni Paolo II disse: “Anche se la costruzione della cattedrale non è collegata direttamente alla solennità del “Corpus Domini”, istituita dal Papa Urbano IV con la bolla Transiturus, nel 1264, né al miracolo avvenuto a Bolsena l’anno precedente, è però indubbio che il mistero eucaristico è qui potentemente evocato dal corporale di Bolsena, per il quale venne appositamente fabbricata la cappella, che ora lo custodisce gelosamente. La città di Orvieto è da allora conosciuta nel mondo intero per tale segno miracoloso, che a tutti ricorda l’amore misericordioso di Dio, fattosi cibo e bevanda di salvezza per l’umanità pellegrina sulla terra. Del culto verso così grande mistero, la vostra città conserva e alimenta l’inestinguibile fiamma” (17 giugno 1990).

 

In quel tempo Gesù prese a parlare loro del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure. Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: “Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta”. Gesù disse loro: “Voi stessi date loro da mangiare”. Ma essi risposero: “Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente”. C’erano infatti circa cinquemila uomini. Egli disse ai suoi discepoli: “Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa”. Fecero così e li fecero sedere tutti quanti. Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla. Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste (Lc 9,11b-17).

Questo è il mio corpo

Nella seconda lettura tratta dalla Prima Lettera ai Corinti (11,23-26), Paolo riporta il racconto dell’Ultima Cena e le parole “canoniche”: “Questo è il mio corpo che è per voi…Questo calice è la Nuova Alleanza nel mio sangue…”. In queste parole non c’è solo un rito: c’è una vita che si spezza e si dona. Che si fa Pane per noi, che si fa fraternità.

Date voi stessi da mangiare

Solo se si comprende la dinamica di dono insita nell’Eucaristia, si può comprendere quanto Gesù ha compiuto nella moltiplicazione dei pani e quanto ha insegnato ai suoi discepoli. Non basta soffermarsi sulle parole “Questo è il mio corpo” se non impariamo anche a sottolineare le “Fate questo in memoria di me”. E non si tratta di “ripetere” alcune parole, ma a partire dalla verità di quelle parole, si tratta di vivere quanto esse dicono.

Nella moltiplicazione dei pani, meglio sarebbe dire nella “divisione” dei pani, Gesù insegna a uscire dalla logica del calcolo, del tornaconto, dell’interesse di parte: “Congeda la folla perché vada”, dicono i discepoli. Quasi a voler ritagliarsi un tempo per loro, incuranti di lasciare la gente in balìa di se stessa.

Con la sua risposta, “Voi stessi date loro da mangiare”, Gesù provoca i discepoli, li invita a venire allo scoperto, affinché dimostrino quanto piccoli sono, quanto egoismo ancora abita in loro: “Non abbiamo che cinque pani e due pesci”. Come a dire, ne abbiamo giusto per noi. Anche perché la seconda parte della risposta pare retorica, viste le disponibilità economiche: “A meno che non andiamo a comprare vivere per tutta questa gente. C’erano infatti circa cinquemila uomini”.

Quanto Gesù ha fatto è stato quello di far emergere quanto stiano ancora ragionando con canoni umani.

Prese i pani, prese i pesci

Quello che Gesù fa, una volta fatta sedere la folla, è prendere il “poco” che c’era a disposizione, “rendere grazie a Dio”, “spezzarli” e “condividerli”. E, dice il testo, ne portarono via dodici ceste piene, cioè abbondanza. Questo svela cosa sia l’Eucaristia. Gesù è Colui che chiede di uscire dalla logica del calcolo, e di saper prendere ciò che si ha, sapendo tornare a Chi lo ha donato, Dio. La preghiera di benedizione è un rendere grazie a Chi ha donato ogni cosa, e questa verità porta a saper condividere, a dividere con gli altri riconoscendoli “fratelli tutti”.

Pane del cielo, pane di fraternità

L’Eucaristia è certamente Pane del Cielo, Pane per il cammino. Ma questo Pane chiede di essere condiviso con quanti camminano accanto: la logica della fraternità non può essere mai disgiunta dalla logica del dono. Anzi, una spiega l’altra, come ricorda Giovanni al capitolo 13 con la lavanda dei piedi.

Preghiera

Signore Gesù,
nell’indicarmi di seguire l’uomo con la brocca d’acqua,
tu mi fai capire di seguire i passi di quanti vivono sul serio il battesimo:
aiutami a imitare quanti vivono una misura alta della vita.

Signore Gesù,
nell’invitarmi al piano superiore,
tu mi chiedi di abbandonare un’appiattita condotta di vita:
aiutami a lasciarmi trasportare dai desideri che tu ispiri nel cuore.

Signore Gesù,
nel donarmi pane e vino, Tuo Corpo e Tuo Sangue,
tu m’insegni che la vita o è dono o non è vita:
aiutami, nutrito di Te, a fare della mia vita un’offerta gradita al Padre.

Signore Gesù,
nel riunire i tuoi discepoli attorno alla tavola,
tu m’insegni che non c’è Eucaristia senza fraternità
e non c’è fraternità senza servizio.
Aiutami a fare della mia vita, una vita eucaristica.
(Preghiera a cura di A.V.)

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