06 Febbraio 2023 Memoria dei Santi Paolo Miky, Presbitero e Compagni, Martiri

Kyoto, Giappone, 1556 – Nagasaki, Giappone, 5 febbraio 1597

PREGHIERA AI MARTIRI

O Dio, forza dei martiri, che hai chiamato alla gloria eterna san Paolo Miki e i suoi compagni attraverso il martirio della croce, concedi anche a noi per loro intercessione di testimoniare in vita e in morte la fede del nostro Battesimo. Per il nostro Signore…

Nato a Kyoto nel 1556 in una famiglia benestante e battezzato a cinque anni, Paolo Miki entra in un collegio della Compagnia di Gesù e a 22 anni è novizio, il primo religioso cattolico giapponese. Diventa un esperto della religiosità orientale e viene destinato, con successo, alla predicazione, che comporta il dialogo con dotti buddhisti. Il cristianesimo è penetrato in Giappone nel 1549 con Francesco Saverio. Paolo Miki vive anni fecondi, percorrendo continuamente il Paese. Nel 1582-84 c’è la prima visita a Roma di una delegazione giapponese, autorizzata dallo Shogun Hideyoshi. Ma proprio Hideyoshi capovolge la politica verso i cristiani, diventando da tollerante a persecutore. Arrestato nel dicembre 1596 a Osaka, Paolo Miki trova in carcere tre gesuiti e sei francescani missionari, con 17 giapponesi terziari di San Francesco. E insieme a tutti loro viene crocifisso su un’altura presso Nagasaki.

Etimologia: Paolo = piccolo di statura, dal latino

Emblema: Palma

Martirologio Romano: Memoria dei santi Paolo Miki e compagni, martiri, a Nagasaki in Giappone. Con l’aggravarsi della persecuzione contro i cristiani, otto tra sacerdoti e religiosi della Compagnia di Gesù e dell’Ordine dei Frati Minori, missionari europei o nati in Giappone, e diciassette laici, arrestati, subirono gravi ingiurie e furono condannati a morte. Tutti insieme, anche i ragazzi, furono messi in croce in quanto cristiani, lieti che fosse stato loro concesso di morire allo stesso modo di Cristo.

APPROFONDIMENTO

E’ il primo giapponese accolto in un Ordine religioso cattolico: il primo gesuita. Nato in una famiglia benestante e battezzato a cinque anni, Paolo Miki entra poi in un collegio della Compagnia di Gesù, e a 22 anni è novizio. Riesce bene in tutto: solo lo studio del latino lo fa penare; troppo lontano dal suo modo nativo di parlare e di pensare. Diventa invece un esperto della religiosità orientale, cosicché viene destinato alla predicazione, che comporta il dialogo con dotti buddhisti. Riesce bene, ottiene conversioni; però, dice un francescano spagnolo, più efficaci della parola sono i suoi sentimenti affettuosi.
Il cristianesimo è penetrato in Giappone nel 1549 con Francesco Saverio, che vi è rimasto due anni, aprendo poi la via ad altri missionari, bene accolti dalla gente. Li lascia in pace anche lo Stato, in cui gli imperatori sopravvivono come simboli, mentre chi comanda è sempre lo Shogun, capo militare e politico. Paolo Miki vive anni attivi e fecondi, percorrendo continuamente il Paese. I cristiani diventano decine di migliaia. Nel 1582-84 c’è la prima visita a Roma di una delegazione giapponese, autorizzata dallo Shogun Hideyoshi, e lietamente accolta da papa Gregorio XIII.
Ma proprio Hideyoshi capovolge poi la politica verso i cristiani, facendosi persecutore per un complesso di motivi: il timore che il cristianesimo minacci l’unità nazionale, già indebolita dai feudatari; il comportamento offensivo e minaccioso di marinai cristiani (spagnoli) arrivati in Giappone; e anche i gravi dissidi tra gli stessi missionari dei vari Ordini in terra giapponese, tristi fattori di diffidenza. Un insieme di fatti e di sospetti che porterà a spietati eccidi di cristiani nel secolo successivo. Ma già al tempo di Hideyoshi, ecco una prima persecuzione locale, che coinvolge Paolo Miki. Arrestato nel dicembre 1596 a Osaka, trova in carcere tre gesuiti e sei francescani missionari, con 17 giapponesi terziari di San Francesco. E insieme a tutti loro egli viene crocifisso su un’altura presso Nagasaki. Prima di morire, tiene l’ultima predica, invitando tutti a seguire la fede in Cristo; e dà il suo perdono ai carnefici. Andando al supplizio, ripete le parole di Gesù in croce: “In manus tuas, Domine, commendo spiritum meum”. Proprio così le dice: in quel latino che da giovane studiava con tanta fatica. Nel 1862, papa Pio IX lo proclamerà santo.
Nell’anno 1846, a Verona, un seminarista quindicenne legge il racconto di questo supplizio e ne riceve la prima forte spinta alla vita missionaria: è Daniele Comboni, futuro apostolo della “Nigrizia”, alla quale dedicherà vita e morte, tre secoli dopo san Paolo Miki.

Santi Martiri Giapponesi

6 febbraio

† Nagasaki, Giappone, 5 febbraio 1597

La Chiesa Cattolica festeggia in data odierna i Santi Martiri Giapponesi (gruppo meglio noto come: San Paolo Miki e 25 compagni), posticipando di un giorno la memoria rispetto all’anniversario del tragico eccidio di questa schiera di sacerdoti, religiosi e laici indigeni del Giappone, nonchè alcuni missionari, primi ad effondere con il loro sangue questa terra in testimonianza della fede in Cristo.
La prima comunità cattolica del Giappone fu fondata a Kagoshima nel 1549 dal gesuita San Francesco Saverio, patrono delle misioni, giuntovi dall’India con due confratelli ed un neofita, il nobile guerriero Anjiro, che aveva ricevuto il battesimo con un suo amico ed un suo servo. In due anni il grande santo fondò altre comunità nell’isola Hirado, a Bungo ed a Yamagushi, da cui il cristianesimo si diffuse in altri centri, compresa la capitale Miyako, con il favore dei signori feudali. Per oltre quarant’anni il cristianesimo godette di ampia libertà e continuò perciò la sua marcia, facilitata da conversioni collettive, proprie del sistema feudale, in cui i sudditi sono spinti ad imitare l’esempio dei propri signori. Nel 1587 i cattolici avevano già raggiunto la cifra di ben 205000 unità ed erano assistiti da 43 sacerdoti, coadiuvati da altri 73 tra chierici e fratelli, 47 dei quali di nazionalità giapponese.
Il primo editto di persecuzione nei loro confronti risale al 24 luglio 1587 e venne emanato da Toyotomi Hideyoshi, luogotenente generale dell’imperatore, che però non fece dare esecuzione ma ponendo tuttavia le premesse per le successive sanguinose persecuzioni. La Compagnia di Gesù continuò ad esercitare indisturbata il suo apostolato, insieme con i Francescani giunti nel 1593 dalle Filippine. Svariate furono le cause del primo bando: il rifiuto da parte dei Gesuiti di una nave per una spedizione militare giapponese in Corea, l’opposizione delle vergini cristiane a divenire concubine dell’imperatore; il timore dell’influsso straniero con l’aumento dei cattolici. Ciò che invece nel 1597 provocò un nuovo decreto di persecuzione, questa volta poi attuato, furono le fantasticherie con cui il comandante spagnolo della nave San Filippo, arenatasi sulla coste giapponesi, urtò la suscettibilità del dissoluto imperatore Taikosama Hideyoshi, uccisore del suo predecessore, Oda Nobunaga (+1582). Il capitano gli spiegò infatti che l’elevato numero di terre possedute dal re di Spagna in ambo gli emisferi del pianeta era proprio dovuto all’opera dei missionari cattolici, che avrebbero preparato la strada ad una conquista militare. L’imperatore, da principio favorevole ai cristiani, s’insospettì dunque delle reali intenzioni dell’apostolato dei gesuiti e dei francescani e, temendo della veridicità di quanto riferitogli, l’8 novembre 1596 ordinò ai governatori di Osaka e Miyako di far arrestare tutti i religiosi che vi si trovavano.
I perseguitati riuscirono a disperdersi in tempo nelle campagne, fatta eccezione di tre gesuiti, sei francescani e diciassette loro terziari, che vennero arrestati all’inizio del 1597 e condotti tutti sulla piazza di Miyako con le mani legate dietro la schiena. Fu poi tagliato loro un pezzo dell’orecchio sinistro, non avendo voluto il governatore Xibungo che, in adempimento alla sentenza dell’imperatore, fossero recise ad essi entrambe le orecchie e mozzato il naso. I prigionieri, grondanti sangue, furono fatti salire a gruppi di tre sopra delle carrette e condotti quali malfattori per le contrade della città, preceduti da una guardia che recava scritto sopra un’asta il motivo della loro condanna: “Perché costoro, venuti dalle Filippine con titolo di ambasciatori, si trattenevano in Miyako predicando la legge dei cristiani, che io proibii gli anni passati rigorosamente, e hanno fabbricato la chiesa e fatto scortesie, comando che siano crocifissi a Nagasaki insieme con i giapponesi che si fecero della loro legge”. La popolazione, in un mesto silenzio, mostrò pietà e simpatia per quelle innocenti vittime che pregavano ed insieme andavano con serenità verso l’ultima meta. In particolare tre fanciulli, Tommaso Cesaki, Antonio da Nagasaki e Ludovico Ibarki, commossero anche i più insensibili spettatori, intenti a cantare con voce angelica inni al loro Signore. Qualche cristiano chiese alle guardie di poter salire sulle carrette, ma esse non osarono infrangere gli ordini ricevuti.
L’imperatore aveva infatti disposto che il viaggio da Miyako a Nagasaki, circa 450 miglia, fosse fatto a cavallo e a piedi, sia per intimidire il popolo che per aumentare le sofferenze ai futuri martiri. Dopo il lungo percorso durato ventisei giorni, fra le intemperie atmosferiche, il 1° febbraio 1597 giunsero a Korazu. Paolo Miki, divenuto il più celebre del gruppo in quanto primo giapponese entrato in un ordine religioso, tentò invano di convertire un gentiluomo suo conoscente. Il comandante della città tentò di far apostatare due dei fanciulli suddetti, Ludovico ed Antonio, ma non ebbe successo nella sua iniziativa. Constatando come i prigionieri preferissero morire anziché rinnegare la propria fede, ordinò che a Nagasaki venissero innalzate cinquanta croci sulla collina attigua ala città. I prigionieri ottennero di porsi confessare, ma fu vietato ai sacerdoti giunti per l’occasione di celebrare l’Eucarestia e dunque di comunicarsi.
I portoghesi avevano manifestato il loro malumore e il governatore di Nagasaki temeva una sollevazione popolare, ma nonostante ciò il 5 febbraio 1597 i prigionieri furono avvisati che si avvicinava l’ora dell’esecuzione e furono portati sulla collina ove, in un recinto, erano state erette le ventisei croci. Al loro passaggio i cristiani si prostrarono per raccomandarsi alle loro preghiere. Non appena i condannati a morte scorsero le croci che portavano scritto i loro nomi, s’inginocchiarono innanzi ad esse e le baciarono. Ciascuno fu legato vestito a quella che gli era stata assegnata e tutti contemporaneamente furono issati in alto. Al comando di Azamburo quattro guardie impugnarono le lance, uno dei crocifissi intonò allora il “Benedictus” e tutti lo cantarono insieme con un coraggio e una pietà tali da intenerire persino i pagani presenti. Il piccolo Antonio per conto suo intonò il salmo “Lodate, fanciulli, il Signore”, al quale fecero eco gli altri due suoi compagni fino alla fine, Tommaso e Ludovico. Il primo ad essere ucciso da due colpi di lancia fu Felipe Las Casas, mentre l’ultimo fu Padre Pierbattista. Prima che quest’ultimo morisse una donna pagana, priva della parola, a contatto della croce da cui egli pendeva riacquistò improvvisamente la voce. Il santo le amministrò il battesimo con la mano libera dai lacci. Paolo Miki approfittò sino all’ultimo per predicare con la straordinaria eloquenza che sempre lo aveva contraddistinto, terminando con una fervente preghiera per i suoi carnefici e la conversione di tutti i giapponesi.
Quando tutti furono trafitti, i cristiani fecero irruzione nel recinto per raccogliere con devozione il sangue dei martiri mediante pannolini. Per oltre sessanta giorni gli uccelli rapaci rispettarono i loro corpi, dai quali emanava un fragrante odore. Il corpo di Padre Pierbattista fu visto alcune volte discendere miracolosamente dalla croce per recarsi a celebrare l’Eucaristia nella chiesa di Nagasaki, con il piccolo Antonio in veste bianca in funzione di chierichetto, tra il canto delle schiere angeliche. Per invitare alla fede cristiana i pagani, Dio fece sì che attorno al capo dei martiri apparisse più volte un’aureola luminosa e che dal cielo scendessero su ciascuno globi di fuoco. Sessantadue giorni dopo la morte, il corpo di Padre Pierbattista si mosse alla presenza di innumerevoli testimoni e dalle sue ferite sgorgò, come già avvenuto al terzo giorno dopo la morte, una copiosissima quantità di sangue.
La venerazione nei confronti di questi gloriosi martiri non venne ami meno nei cristiani, anzi la loro fama si propagò ben presto nel mondo, essendo i missionari di varie nazionalità. Papa Urbano VIII beatificò i protomartiri giapponesi il 14 settembre 1627 e il pontefice Beato Pio IX infine li canonizzò l’8 giugno 1862.

Riportiamo di seguito l’elenco dei ventisei martiri, corredato da luoghi e date di nascita ed alcune scarne informazioni su ciascuno:

– PEDRO BAUTISTA BLÁSQUEZ y BLÁSQUEZ, Sacerdote dei Frati Minori Alcantarini, * San Esteban del Valle (Spagna), 24 giugno 1542 – Commissario dei Frati Minori, fu in Spagna predicatore, guardiano e lettore di filosofia, poi missionario nel Messico (1581) e nelle Filippine (1583). Inviato da Manila come ambasciatore e missionario in Giappone (1593), fu ben accolto dall’imperatore e poté fondare tre conventi e due ospedali. Dotato del dono dei miracoli, nella festa di Pentecoste guarì una giovanotta lebbrosa;
– MARTÍN LOINAZ AMUNABARRO [AGUIRRE] (MARTINO DELL’ASCENSIONE), Sacerdote dei Frati Minori Alcantarini, * Beasain (Spagna), 1566 – nato nel castello di Vergara presso Pamplona, aveva esercitato le funzioni di predicatore e di professore di teologia e conosceva bene la lingua giapponese;
– FRANCISCO BLANCO, Sacerdote dei Frati Minori Alcantarini, * Monterrey (Spagna), 1567 circa – sacerdote di vita austera;
93367 – FELIPE LAS CASAS MARTÍNEZ (FILIPPO DI GESU’), Chierico dei Frati Minori Alcantarini, * Città del Messico (Messico), 1571 – nato in Messico da genitori spagnoli, per i suoi disordini fu cacciato di casa. Pentito, vestì l’abito francescano, ma non perseverò. Dopo aver condotto ancora una vita disordinata, a Manila si fece di nuovo francescano, giunse a Miyako proprio al momento degli arresti;
– GONÇALO GARCIA, Religioso dei Frati Minori Alcantarini, * Bazein (India), 1562 – fratello laico, nato in India da genitori portoghesi, per amore della povertà rinunciò al commercio. Siccome sapeva bene il giapponese fece da interprete al Padre Pierbattista nella sua ambasciata a Taicosama;
– FRANCISCO ANDRADE (FRANCESCO DI SAN MICHELE), Religioso dei Frati Minori Alcantarini, * La Parrilla (Spagna), 1543 – nato da nobili genitori e dotato del dono delle lingue e dei miracoli, operò in Giappone più conversioni degli altri suoi compagni;
PAOLO MIKI, Chierico gesuita, * Setsu-no-Kuni (Giappone), 1564 – di nobile famiglia cattolica, allievo dei Gesuiti dagli undici anni, a ventidue era stato ammesso nella Compagnia di Gesù in cui rifulse per l’osservanza delle regole. Fu il più celebre predicatore gesuita in Giappone;
– GIOVANNI SOAN, Chierico gesuita, * Gotō-rettō (Giappone), 1578 – sacrestano e catechista, era entrato nella Compagnia di Gesù poco tempo prima il suo arresto;
– GIACOMO KISAI, Religioso gesuita, * Haga (Giappone), 1533 – catechista, abbandonato dalla moglie, nella casa dei gesuiti esercitava l’ospitalità secondo il costume giapponese;
– PAOLO SUZUKI, Laico coniugato, terziario francescano, catechista, * Owari (Giappone), 1563 – direttore dell’ospedale di San Giuseppe in Miyako;
– GABRIELE DUIZKO, Giovane laico, terziario francescano, catechista, * Ise (Giappone), 1577 – convertito da Golzales Garcia, devotissimo dell’Eucarestia e della Passione di Gesù;
– GIOVANNI KINUYA, Laico, terziario francescano, catechista, * Kyoto (Giappone), 1568 – convcrtito con la moglie e il figlio lo stesso anno del martirio;
– TOMMASO DANGI, Laico, terziario francescano, catechista, * Kyoto (Giappone), ? – soccorritore dei poveri;
– FRANCESCO DI MIYACO, Laico, terziario francescano, * Kyoto (Giappone), 1548 – medico di professione e scrittore di opuscoli in difesa della fede;
– GIOACCHINO SAKAKIBARA, Laico, terziario francescano, * Osaka (Giappone), 1556 – convertito dalla moglie, cuoco dell’ospedale e dei frati;
– BONAVENTURA DI MIYACO, Laico, terziario francescano, * Kyoto (Giappone), ? – fatto battezzare dal padre ancora bambino e cresciuto dalla madre idolatra tra i bonzi per vent’anni;
– LEONE KARASUMARU, Laico, terziario francescano, catechista, * Owari (Giappone), ? – catechista e interprete di nobile famiglia coreana, di vita austerissima, convertito da Cosimo Takeya;
– MATTIA DI MIYAKO, Laico, terziario francescano, * Kyoto (Giappone), ? – spontaneamente si offrì a sostituire un altro Mattia assente perché provveditore del convento;
– ANTONIO DA NAGASAKI, Bambino, terziario francescano, * Nagasaki (Giappone), 1584 – chierichetto tredicenne, di padre cinese e madre giapponese;
– PAOLO IBARAKI, Laico, terziario francescano, * Owari (Giappone), ? – catechista, fratello uterino di Leone Garasuma;
– LUDOVICO IBARAKI, Bambino, terziario francescano, * Owari (Giappone), 1584 – nipote del precedente, appena dodicenne, servitore del convento;
– MICHELE KOZAKI, Laico coniugato, terziario francescano, * Ise (Giappone), 1551 – soccorritore dei poveri e dei malati nella propria casa;

– TOMMASO KOZAKI, Bambino, terziario francescano, * Ise (Giappone), 1582 – figlio del precedente, quattordicenne, servitore dei muratori nella costruzione della chiesa e del convento di Miyako;
– PIETRO SUKEJIRO, Laico, terziario francescano, * Kyoto (Giappone), ? – cristiano di antica data, incaricato da Padre Organtino di Sakai di seguire i prigionieri e assisterli nelle loro necessità;
– COSIMO TAKEYA, Laico, terziario francescano, * Owari (Giappone), ? – catechista, di nobile famiglia della provincia di Oari;
– FRANCESCO KICHI, Laico, terziario francescano, * Kyoto (Giappone), ? – calzolaio, che si associò al precedente nella cura dei prigionieri.

 

Rispondi