Il Regolamento delle due Assemblee sinodali

Il Consiglio Episcopale Permanente, nella sessione primaverile del 18-20 marzo, ha approvato il Regolamento delle Assemblee sinodali che si terranno a Roma: la prima dal 15 al 17 novembre 2024 e la seconda dal 31 marzo al 4 aprile 2025.

Mentre infatti si va concludendo la fase sapienziale, ovvero di discernimento su quanto emerso nel biennio dedicato all’ascolto, si inizia a delineare quanto avverrà nella fase profetica. Le Assemblee sinodali saranno infatti due momenti fondamentali da cui scaturirà quella visione di insieme che, dopo l’Assemblea Generale di maggio 2025, sarà riconsegnata alle Chiese particolari, dando il via alla fase di ricezione. Il Regolamento stabilisce la composizione delle Assemblee, le funzioni e il metodo di lavoro. Di seguito una nota esplicativa sul Regolamento.

Il Cammino sinodale delle Chiese in Italia con la celebrazione delle due Assemblee approda all’ultima fase del suo processo che, nei passaggi precedenti, ha visto il coinvolgimento anzitutto delle Chiese locali in un percorso di consultazione, di ascolto e di discernimento da parte dell’intero popolo di Dio. Ciò che è stato vissuto in questi anni ha rappresentato di fatto un effettivo scambio di doni che le Chiese diocesane nel loro insieme, attraverso il coordinamento e la promozione operati dal Comitato del Cammino sinodale, hanno potuto realizzare. Proprio questa circolarità ha permesso di far emergere alcune questioni nodali sulle quali operare un discernimento capace di orientare verso la forma di una Chiesa sinodale e missionaria. È in tale sviluppo che si colloca l’evento ecclesiale delle Assemblee che, per un verso, rappresenta l’approdo cui giunge il cammino delle Chiese particolari e, per un altro, inaugura il tempo della recezione di ciò che è andato maturando, attraverso una sua riconsegna alle singole Chiese diocesane dalle quali lo stesso processo aveva mosso i primi passi. Come afferma il Regolamento, le Assemblee del Cammino sinodale sono «un evento ecclesiale dove i partecipanti, nutriti dall’ascolto quotidiano della Parola di Dio e dalla celebrazione dell’Eucaristia, sorgente e paradigma della sinodalità, sono chiamati al dialogo e al confronto sui passi da compiere per dare attuazione al Cammino sinodale» (art. 2).
La cornice interpretativa più adeguata a esplicitare il senso e la funzione di queste Assemblee sinodali resta senza dubbio quella di un’ecclesiologia di comunione, in virtù della quale il «noi» ecclesiale del popolo di Dio emerge come il luogo in cui il mistero della comunione divina si rende presente in un soggetto collettivo che vive nella storia e nella trama delle sue relazioni. «La vita sinodale testimonia una Chiesa costituita da soggetti liberi e diversi, tra loro uniti in comunione, che si manifesta in forma dinamica come un solo soggetto comunitario il quale, poggiando sulla pietra angolare che è Cristo e sulle colonne che sono gli Apostoli, viene edificato come tante pietre vive in una “casa spirituale” (cfr. 1Pt 2,5), “dimora di Dio nello Spirito” (Ef 2,22)» (Commissione Teologica Internazionale, La sinodalità nella vita e nella missione della Chiesa, 55). In questa logica comunionale i carismi e i doni propri di ciascuno fanno crescere il corpo ecclesiale a servizio di una sempre più profonda comprensione di «ciò che lo Spirito dice alle Chiese» e nell’esercizio comune della missione.
Questa visione ecclesiologica conduce a promuovere il dispiegarsi della comunione sinodale tra “tutti”, “alcuni” e “uno”, coniugando l’aspetto comunitario che include “tutto” il popolo di Dio, la dimensione degli “alcuni” (diversi per ogni livello di vita ecclesiale) e il ministero dell’“uno” (il pastore). In un certo senso tale dinamica spiega pure la dialettica – tipicamente sinodale – esistente tra l’ascolto di tutti nella Chiesa e di tutte le Chiese e le Assemblee rappresentative delle stesse, cui prendono parte solo alcuni insieme ai pastori. In questo modo la sinodalità risulta dalla reciproca implicazione tra la communio fidelium, la communio episcoporum e la communio ecclesiarum: a più livelli e in forme diverse l’intreccio di queste espressioni di comunione genera il processo sinodale che si realizza nella complementarietà dei soggetti personali e collettivi coinvolti.
Chi prenderà parte a queste Assemblee? Le figure menzionate nel Regolamento – vale a dire «i Membri della CEI, i Referenti diocesani del Cammino sinodale e i componenti del Comitato del Cammino sinodale» (art. 1) – di fatto riflettono la composizione delle comunità ecclesiali, presiedute dai vescovi, al cui ministero sono associati i presbiteri e i diaconi, e arricchite dai carismi e dalle vocazioni degli altri battezzati e battezzate, tanto laici e laiche quanto consacrati e consacrate attraverso la professione dei consigli evangelici. Si tratta, pertanto, di Assemblee sinodali nelle quali i membri insigniti del munus episcopale esprimono quella struttura intermedia di collegialità propria di una Conferenza episcopale, nella quale «i singoli vescovi rappresentano la propria Chiesa» (LG 23), ma a servizio dell’attuazione della sinodalità. A costoro si associano tutti gli altri membri convocati, testimoni dell’intero cammino sinodale e portatori di un carisma o di una competenza necessari al lavoro delle Assemblee stesse.
La natura ecclesiale di queste Assemblee si rende esplicita non solo attraverso la loro composizione, ma anche mediante il processo attivato, che condurrà prima alla redazione dello Strumento di lavoro del Cammino sinodale e poi a quella delle Propositiones, in modo da poter offrire questi documenti assembleari al discernimento dei Vescovi perché siano loro a conferire forza vincolante all’intero corpus documentale o ad alcune sue parti.

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