PAPA FRANCESCO ALLA SUA DIOCESI DI ROMA: NON RISISTEMARE , MA ASCOLTARE IL GRIDO DELLA GENTE.

Siamo giunti alla terza tappa del cammino diocesano per quest’anno 2019 il grido che sale dalla città. È un invito ad ascoltare il grido della città e a vivere oggi quei due grandi “sì” che sono nel secondo capitolo di EG: “sì” alla spiritualità missionaria, (78-80) “si” alle relazioni nuove generate da Gesù Cristo” (87-92): la Chiesa vive la rivoluzione della tenerezza nei quartieri perché si fa vicina a ogni essere umano. Ecco cos’ha detto in proposito Papa Francesco la sera del 9 maggio, che ci ha visti presenti con una piccola rappresentanza della nostra parrocchia di San Benedetto insieme a tanti altri fedeli delle parrocchie di Roma nella basilica di San Giovanni in Laterano.

Le parole forti di Francesco

Il Papa comincia a parlare ed è subito spiazzante. Dice che la prima tentazione è mettere ordine nella diocesi, nelle parrocchie, ma che questo “è tornare a guardare a noi, a guardarci dentro”. Avremo messo a posto il museo – afferma – messo tutto in ordine. Questo significa addomesticare il cuore della gente, dei giovani, addomesticare le famiglie e questo sarebbe il peccato più grave perché è quello della mondanità. Non si tratta di sistemare. E facendo riferimento alle testimonianze sentite continua: abbiamo sentito dello squilibrio, noi siamo chiamati a prendere lo squilibrio con le mani, non possiamo avere paura dello squilibrio. Questo è ciò che il Signore ci dice. “Il Vangelo è una dottrina squilibrata”. Prendete le Beatitudini, meritano il premio Nobel dello squilibrio. E ricorda come gli apostoli si fossero innervositi quando al tramonto la folla continuava ad ascoltare Gesù, “loro hanno guardato l’orologio e hanno detto: questo è troppo”. Dobbiamo pregare e poi mangiare e poi fare tante cose…. Signore congedali, gli dicono, perché il posto è deserto, che vadano a comprarsi da mangiare. Questa è la tentazione dell’equilibrio della gente di Chiesa tra virgolette, dice il Papa. Io credo che lì è cominciato il clericalismo: che loro vadano… E così avremo una bella diocesi che funziona. Clericalismo e funzionalismo. Devo dirlo: sto pensando in questo momento ad una diocesi che ha più dipendenti del Vaticano e che si sta sempre più allontanando da Dio, perché rende culto all’armonia, non della bellezza, ma del buon funzionamento. “Si organizzano incontri, tante cose, sinodi, ma perché ci sia un Sinodo ci vuole lo Spirito Santo – afferma Francesco – che con un calcio butta all’aria il tavolo”. Attenzione a non diventare così, ma mi sembra che con le cose che ho sentito, siamo lontani da questo.

Ascoltare il grido della gente

Che cosa chiede la gente al Signore? Spesso anche noi non ascoltiamo le persone, prosegue Francesco, perché abbiamo smesso di ascoltare con il cuore, e così siamo sordi al grido della città. Il Papa esorta a riprendere in mano il discorso che aveva fatto a Firenze (al Convegno ecclesiale della Chiesa italiana il 10 novembre 2015), che insieme all’Evangelii gaudium esprime il piano della Chiesa per Roma e per l’Italia. E dice che ci sono due elementi da cui cominciare: il primo è l’umiltà.

Umiltà per ascoltare la gente

Quando il Signore vuole convertire la sua Chiesa prende il più piccolo e lo mette al centro invitando tutti a diventare piccoli e ad umiliarsi così come ha fatto Lui. “La riforma della Chiesa comincia con l’umiltà e cresce con le umiliazioni”. Così il Signore neutralizza le nostre aspirazioni di grandezza. Solo chi segue Gesù facendosi come un bambino potrà contribuire al Regno. Chi cerca la propria gloria come potrà riconoscere Gesù nei piccoli: non ha né occhi, né orecchie per gli altri. “Guai a chi guarda dall’alto al basso e disprezza i piccoli”, dice il Papa. Anche quando i loro comportamenti fossero distanti dal Vangelo, nulla giustifica il nostro disprezzo…

Disinteresse verso di sè

Il secondo elemento è il disinteresse. Abbiamo interessi personali noi qui stasera? Si chiede. Ad esempio, siamo preoccupati del futuro del nostro istituto, del consenso sociale, di quello che la gente dirà, siamo attaccati a quel po’ di potere che ancora esercitiamo sulle persone del nostro quartiere? “Lo Spirito Santo non capisce l’equilibrio”. Il disinteresse verso se stessi è la condizione necessaria per interessarsi agli altri, per ascoltare davvero. E parla del peccato dello specchio che consiste nel narcisismo e nell’autoreferenzialità. Il buon pastore, ricorda, lascia le 99 pecore al sicuro per cercare quella smarrita. Noi siamo invece spesso ossessionati per le poche pecore che sono rimaste dentro il recinto. Passiamo il tempo a pettinare le poche pecore che abbiamo. “Tutto merita di essere lasciato e sacrificato per il bene della missione”, afferma Francesco. Che il Signore ci dia l’audacia di chi non ha interessi e guarda con empatia alle vite degli altri.

Le Beatitudini, piatto forte del Vangelo

Parla poi delle Beatitudini che sono un messaggio cristiano, ma anche umano “che ci fa vivere, ci fa andare avanti”. Sperimentarle significa aver imparato dov’è la vera vita. Attenzione, dice il Papa, a non inciampare a causa delle proposte egocentriche, invece “le Beatitudini ti spogliano, ma ti fanno più leggero nel seguire Gesù”. Lui dice di non scandalizzare i piccoli. Alle persone fragili possiamo offrire la via delle Beatitudini perché noi le abbiamo sperimentate, cioè abbiamo sperimentato la gioia, la misericordia, la vita di famiglia dove si è accolti così come si è. E cita due parole che rischiano l’estinzione: mitezza e tenerezza. Le Beatitudini non sono ancora il nostro piatto forte, invece dobbiamo offrire ai nostri cittadini il piatto forte del Vangelo. Non cadiamo nell’indifferenza, raccomanda. Se cadiamo nella presunzione meritiamo le parole di Gesù: non ho bisogno di voi, non servite a nulla.

Esercitare uno sguardo contemplativo sulle persone

L’esortazione apostolica “Evangelii nuntiandi”, e “Evangelii gaudium”, sono i documenti fondamentali a cui tornare, insiste il Papa e fa due sottolineature che rappresentano anche i compiti che affida alla sua diocesi: il primo è esercitare uno sguardo contemplativo sulle persone che vivono nella città. Capire come vivono, che cosa sentono, cosa pensano le persone del nostro quartiere: raccogliere storie di vita, fate parlare i bambini e i vecchi per non perdere le radici e diventare “gassosi”. E toccare la realtà.

Esercitare uno sguardo contemplativo sulle nuove culture

E’ necessario poi, ed è il secondo compito, esercitare lo sguardo contemplativo sulle nuove culture che vivono nelle città. Sono i contesti urbani che producono le nuove culture nel bene e nel male come corruzione, droga, abuso, criminalità, guerra tra poveri, xenofobia, razzismo. “Oggi ho incontrato in Vaticano 500 rom e ho sentito cose dolorose”, dice il Papa. State attenti al razzismo, al populismo che almeno in Europa cresce seminando paura. Ma c’è anche tanto bene nelle città, tanti incontri tra persone e gruppi. Il Signore benedica il nostro ascolto della città, conclude. “Non risistemare, eh”, raccomanda ancora una volta Francesco prima della recita di un Ave Maria alla Madonna perché accompagni questo processo, e dare a tutti la sua benedizione.

 

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